Ben Ormenese nasce a Prata di Pordenone nel 1930. Nei primi anni Sessanta decide di abbandonare la facoltà di architettura per dedicarsi interamente alla pittura,trasferendosi a Milano.
Sono questi anni di un’evoluzione precoce, che lo porta ad indagare le potenzialità del colore, attraverso la determinante influenza dell’informale più iconoclasta.
Ma la vocazione dell’artista friulano è legata alla costruzione e, dunque, già dal 1964 inizia la sue ricerche sul materiale cui dedicherà gran parte della sua arte e cioè il legno. Abbandonato il tradizionale pennello inizia le sue ricerche strutturali, considerando il quadro come un elemento che si fa nello spazio,quasi mosso da motivazioni dinamiche interne.
È nel 1964 la mostra alla galleria San Luca di Verona e nel 1966 alla Vinciana di Milano.
Nella sua netta direzione oggettuale Ormenese sarà sempre attento alle condizioni percettive delle opere, allo scarto che si verifica tra la superficialità illusoria degli incastri delle sue forme e la plasticità tangibile di quelle stesse forme: le sue aggregazioni non solo si collocano sulla superficie e nello spazio, ma creano superficie e spazio.
È in tale ambito di ricerca che già dalla metà degli anni Sessanta aveva iniziato il ciclo LAM (strutture lamellari), in cui emerge l’interesse per gli effetti della luce (e delle conseguenti ombre) all’interno delle sue strutture, tra l’altro in anticipo anche sulle ricerche del cinetismo virtuale europeo.
In questa fondamentale fase “ottica”, si occupa della luce, del colore e in parte del movimento percettivo, per la creazione di zone di ambiguità in cui è difficile distinguere tra ciò che è presente e ciò che è assente, ma che continua ad apparire.
Contestualmente Ormenese continua le sperimentazione sul legno, che modella,vernicia, brucia persino, per costringerlo alla propria creatività, ben sapendo, come insegnava Dante Alighieri, che la forma s’accorderà “a l’intenzion de l’arte” solo se l’artista avrà conosciuto quanto la materia è “sorda”.
È con questi cicli di opere che approda alla Galleria Vismara nel 1968 e alla Galleria Falchi nel 1970, dopo la presenza ad una collettiva alla Galleria Blu, sempre a Milano. Ma è l’incontro con l’illuminante personalità del gallerista milanese Silvano Falchi, il momento determinante di questi anni, per dare fiducia ad una ricerca forse troppo rigorosa e solitaria. Nell’arco di pochi anni vengono organizzate mostre in Italia e all’estero, dalla Galleria Ravagnan di Venezia, alla Teufel di Köln alla Royal Academy di Londra nel 1978.
Il critico Luciano Caramel s’interessa al suo lavoro, intuendone le fondamentali potenzialità innovative, ma lo schivo Ormenese, improvvisamente, dopo una grave crisi che lo porta a distruggere gran parte del suo lavoro in un notturno e silenzioso falò, preferisce ritirarsi nella sua Sacile, nella quale continuerà la ricerca in solitudine. Siamo nel 1978. Per vent’anni, fino al 1998, lavorerà instancabilmente, affrontando con la sua assoluta padronanza artigiana, la scultura lignea, procedendo sempre per aggregazione strutturale, in un tentativo folle e sublime insieme di cogliere la consustanzialità, contraddittoria ma ma certa, di presenza e assenza.
Nel 1998 la Galleria PoliArt di Bologna organizza un’antologica del maestro. Dello stesso anno è la personale alla Galleria Paolo Nanni, con un catalogo a cura di Leonardo Conti, sempre a Bologna.
Ricomincia così l’attività espositiva del maestro che nel 1998 e 1999 è presente all’Arte Fiera di Bologna.Negli ultimi anni del secolo esaurisce la fase dedicata alle poche ma straordinarie sculture degli anni Novanta, nelle quali, mantenendo il suo metodo compositivo per aggregazione modulare,giunge prima ad esiti di violento espressionismo e poi all’inedito ossimoro visivo di un’astrazione iconica.
Comincia con il 2000 il momento della sintesi, nella quale confluiscono tutte le ricerche del maestro, utilizzate ora per le estreme ricerche sulla costruzione con la luce. Del 2000 è la mostra allo Studio GR di Sacile e l’incontro con il critico d’arte Giovanni Granzotto, che comprendendo la portata assoluta del lavoro di Ormenese, lo inserisce in una serie di mostre museali dedicate al Cinetismo internazionale.
Nel 2002 è invitato alla mostra Testimonianze del Cinetismo in Francia e in Italia a fiancodi Julio Le Parc, Horacio Garcia Rossi, François Morellet, Hugo Demarco, FranciscoSobrino, Alberto Biasi, Paolo Conti, Franco Costalonga e Jorrit Tornquist, curatada Giovanni Granzotto e con testi di Giovanna Barbero, Luciano Caramel, Leonardo Conti, Carlo Franza e Dino Marangon, prima ai Musei di San Salvatore in Lauro di Roma e poi alla Civica Galleria d’Arte Moderna di Spoleto.
Del 2002 è la mostra alla Galleria Tarozzi di Pordenone. Cominciano i cicli delle Fluttuazioni e Levitazioni,nei quali Ormenese riprende il suo lavoro sull’identificazione di una luce strutturale da immettere da usare per costruire i campi aperti delle sue opere: i due ciclivengono esposti nel 2003 nella doppia mostra antologica con Franco Costalonga intitolata I silenzi e rumori della ricerca nel museo di Villa Pisani a Stra, a cura di Giovanni Granzotto, con saggi di Dino Marangon e Leonardo Conti.
In occasione della mostra alla Galleria PoliArt di Milano nell’aprile del 2004, incentrata su Levitazioni e Fluttuazioni, la compositrice Paola Samoggia gli dedica un Fotogramma musicale intitolato Purpurea Melancolia. Nello stesso anno partecipa alla mostra Dipingendo l’Europa, in occasione di Genova 2004 Città Europea della Cultura.
Del 2005 sono le mostre: antologica all’Università di Innsbruck, a cura di Giovanni Granzotto.
Nel 2006, a Palazzo del Senato, Archivio di Stato, Milano, “Ben Ormenese. Teatrinie … altre apparizioni”, a cura di Giovanna Barbero e Giovanni Granzotto, dove sono stati esposti anche i Teatrini, le straordinarie opere dell’ultima generazione, in cui la ricerca sulle possibilità di costruzione con la luce giunge ai più alti esiti; a Roma presso il Museo San Salvatore in Lauro si è tenuta la mostra “Ben Ormenese 1960-2006” a cura di Giovanni Granzotto.
Muore a Pordenone il 15 luglio 2013.
Nel 2014 nasce l’Archivio Ormenese, per la tutela e la valorizzazione dell’opera del maestro col progetto della pubblicazione del Catalogo Ragionato.

Bibliografia
Leonardo Conti, -“Ormenese”, Galleria Paolo Nanni Edizioni, Bologna , 1998
Giovanni Granzotto, Dino Marangon , – “Franco Costalunga- Ben Ormenese. Silenzi e rumori della ricerca (testi di G. Granzotto, D. Marangopn , L. Conti ) Museo nazionale di Villa Pisani Strà, Verso l’Arte Edizioni, 2003
Giovanna Barbero, Leonardo Conti, “Ben Ormenese. Teatrini e… altre apparizioni” (test di G. Barbero, L. conti, S. Italia), Palazzo del Senato – Milano, Verso l’Arte Edizioni, 2006.
Luciano Caramel, Giovanni Granzotto, – “Alberto Biasi. Testimonianze del cinetismo e dell’arte programmata in Italia e in Russia” (testi di L. Caramel, G. Granzotto, A. Mitin, E. Pouchard), Museo Hermitage – San Pietroburgo, Il Cigno GG Edizioni, 2006
Giovanni Granzotto, – “Ben Ormenese. Opere 1960 – 2006” (testi di G. Granzotto, G. Barbero, L. Conti), Musei di San Salvatore in Lauro – Roma, Verso l’Arte Edizioni, 2006
Giovanni Granzotto, Leonardo Conti, – “Ben Ormenese e la forma virtuale” (testi di G. Granzotto, L. Conti, F. Musotto), Loggiato di San Bartolomeo – Palermo, 2007.

Leonardo Conti, “Ben Ormenese. La macchina estetica” con le poesie di Elisabetta Gennasi, (testi di L. Conti, F. Picenni), Edizioni PoliArt Sorvoli Quaderni d’Arte, 2008, ISBN 978-88-6057-081-9
Giovanni Granzotto, Leonardo Conti, – “Ben Ormenese. Per un instabile equilibrio” (testi di G. Granzotto, L. Conti, R. Cappuzzo, L. Gava, A. Pasini), Palazzo Ragazzoni-Flangini-Biglia – Sacile (PN), Verso L’arte Edizioni, 2009, ISBN 978-88-95894-34-8
Elsa Dezuanni, Giovanni Granzotto, Ennio Pouchard, – Arte Scienza Progetto Colore Sara Campesan Ben Ormenese – Treviso Grafiche Marini Villorba , 2010

Ben Ormenese nasce a Prata di Pordenone nel 1930. Nei primi anni Sessanta decide di abbandonare la facoltà di architettura per dedicarsi interamente alla pittura,trasferendosi a Milano.
Sono questi anni di un’evoluzione precoce, che lo porta ad indagare le potenzialità del colore, attraverso la determinante influenza dell’informale più iconoclasta.
Ma la vocazione dell’artista friulano è legata alla costruzione e, dunque, già dal 1964 inizia la sue ricerche sul materiale cui dedicherà gran parte della sua arte e cioè il legno. Abbandonato il tradizionale pennello inizia le sue ricerche strutturali, considerando il quadro come un elemento che si fa nello spazio,quasi mosso da motivazioni dinamiche interne.
È nel 1964 la mostra alla galleria San Luca di Verona e nel 1966 alla Vinciana di Milano.
Nella sua netta direzione oggettuale Ormenese sarà sempre attento alle condizioni percettive delle opere, allo scarto che si verifica tra la superficialità illusoria degli incastri delle sue forme e la plasticità tangibile di quelle stesse forme: le sue aggregazioni non solo si collocano sulla superficie e nello spazio, ma creano superficie e spazio.
È in tale ambito di ricerca che già dalla metà degli anni Sessanta aveva iniziato il ciclo LAM (strutture lamellari), in cui emerge l’interesse per gli effetti della luce (e delle conseguenti ombre) all’interno delle sue strutture, tra l’altro in anticipo anche sulle ricerche del cinetismo virtuale europeo.
In questa fondamentale fase “ottica”, si occupa della luce, del colore e in parte del movimento percettivo, per la creazione di zone di ambiguità in cui è difficile distinguere tra ciò che è presente e ciò che è assente, ma che continua ad apparire.
Contestualmente Ormenese continua le sperimentazione sul legno, che modella,vernicia, brucia persino, per costringerlo alla propria creatività, ben sapendo, come insegnava Dante Alighieri, che la forma s’accorderà “a l’intenzion de l’arte” solo se l’artista avrà conosciuto quanto la materia è “sorda”.
È con questi cicli di opere che approda alla Galleria Vismara nel 1968 e alla Galleria Falchi nel 1970, dopo la presenza ad una collettiva alla Galleria Blu, sempre a Milano. Ma è l’incontro con l’illuminante personalità del gallerista milanese Silvano Falchi, il momento determinante di questi anni, per dare fiducia ad una ricerca forse troppo rigorosa e solitaria. Nell’arco di pochi anni vengono organizzate mostre in Italia e all’estero, dalla Galleria Ravagnan di Venezia, alla Teufel di Köln alla Royal Academy di Londra nel 1978.
Il critico Luciano Caramel s’interessa al suo lavoro, intuendone le fondamentali potenzialità innovative, ma lo schivo Ormenese, improvvisamente, dopo una grave crisi che lo porta a distruggere gran parte del suo lavoro in un notturno e silenzioso falò, preferisce ritirarsi nella sua Sacile, nella quale continuerà la ricerca in solitudine. Siamo nel 1978. Per vent’anni, fino al 1998, lavorerà instancabilmente, affrontando con la sua assoluta padronanza artigiana, la scultura lignea, procedendo sempre per aggregazione strutturale, in un tentativo folle e sublime insieme di cogliere la consustanzialità, contraddittoria ma ma certa, di presenza e assenza.
Nel 1998 la Galleria PoliArt di Bologna organizza un’antologica del maestro. Dello stesso anno è la personale alla Galleria Paolo Nanni, con un catalogo a cura di Leonardo Conti, sempre a Bologna.
Ricomincia così l’attività espositiva del maestro che nel 1998 e 1999 è presente all’Arte Fiera di Bologna.Negli ultimi anni del secolo esaurisce la fase dedicata alle poche ma straordinarie sculture degli anni Novanta, nelle quali, mantenendo il suo metodo compositivo per aggregazione modulare,giunge prima ad esiti di violento espressionismo e poi all’inedito ossimoro visivo di un’astrazione iconica.
Comincia con il 2000 il momento della sintesi, nella quale confluiscono tutte le ricerche del maestro, utilizzate ora per le estreme ricerche sulla costruzione con la luce. Del 2000 è la mostra allo Studio GR di Sacile e l’incontro con il critico d’arte Giovanni Granzotto, che comprendendo la portata assoluta del lavoro di Ormenese, lo inserisce in una serie di mostre museali dedicate al Cinetismo internazionale.
Nel 2002 è invitato alla mostra Testimonianze del Cinetismo in Francia e in Italia a fiancodi Julio Le Parc, Horacio Garcia Rossi, François Morellet, Hugo Demarco, FranciscoSobrino, Alberto Biasi, Paolo Conti, Franco Costalonga e Jorrit Tornquist, curatada Giovanni Granzotto e con testi di Giovanna Barbero, Luciano Caramel, Leonardo Conti, Carlo Franza e Dino Marangon, prima ai Musei di San Salvatore in Lauro di Roma e poi alla Civica Galleria d’Arte Moderna di Spoleto.
Del 2002 è la mostra alla Galleria Tarozzi di Pordenone. Cominciano i cicli delle Fluttuazioni e Levitazioni,nei quali Ormenese riprende il suo lavoro sull’identificazione di una luce strutturale da immettere da usare per costruire i campi aperti delle sue opere: i due ciclivengono esposti nel 2003 nella doppia mostra antologica con Franco Costalonga intitolata I silenzi e rumori della ricerca nel museo di Villa Pisani a Stra, a cura di Giovanni Granzotto, con saggi di Dino Marangon e Leonardo Conti.
In occasione della mostra alla Galleria PoliArt di Milano nell’aprile del 2004, incentrata su Levitazioni e Fluttuazioni, la compositrice Paola Samoggia gli dedica un Fotogramma musicale intitolato Purpurea Melancolia. Nello stesso anno partecipa alla mostra Dipingendo l’Europa, in occasione di Genova 2004 Città Europea della Cultura.
Del 2005 sono le mostre: antologica all’Università di Innsbruck, a cura di Giovanni Granzotto.
Nel 2006, a Palazzo del Senato, Archivio di Stato, Milano, “Ben Ormenese. Teatrinie … altre apparizioni”, a cura di Giovanna Barbero e Giovanni Granzotto, dove sono stati esposti anche i Teatrini, le straordinarie opere dell’ultima generazione, in cui la ricerca sulle possibilità di costruzione con la luce giunge ai più alti esiti; a Roma presso il Museo San Salvatore in Lauro si è tenuta la mostra “Ben Ormenese 1960-2006” a cura di Giovanni Granzotto.
Muore a Pordenone il 15 luglio 2013.
Nel 2014 nasce l’Archivio Ormenese, per la tutela e la valorizzazione dell’opera del maestro col progetto della pubblicazione del Catalogo Ragionato.

Bibliografia
Leonardo Conti, -“Ormenese”, Galleria Paolo Nanni Edizioni, Bologna , 1998
Giovanni Granzotto, Dino Marangon , – “Franco Costalunga- Ben Ormenese. Silenzi e rumori della ricerca (testi di G. Granzotto, D. Marangopn , L. Conti ) Museo nazionale di Villa Pisani Strà, Verso l’Arte Edizioni, 2003
Giovanna Barbero, Leonardo Conti, “Ben Ormenese. Teatrini e… altre apparizioni” (test di G. Barbero, L. conti, S. Italia), Palazzo del Senato – Milano, Verso l’Arte Edizioni, 2006.
Luciano Caramel, Giovanni Granzotto, – “Alberto Biasi. Testimonianze del cinetismo e dell’arte programmata in Italia e in Russia” (testi di L. Caramel, G. Granzotto, A. Mitin, E. Pouchard), Museo Hermitage – San Pietroburgo, Il Cigno GG Edizioni, 2006
Giovanni Granzotto, – “Ben Ormenese. Opere 1960 – 2006” (testi di G. Granzotto, G. Barbero, L. Conti), Musei di San Salvatore in Lauro – Roma, Verso l’Arte Edizioni, 2006
Giovanni Granzotto, Leonardo Conti, – “Ben Ormenese e la forma virtuale” (testi di G. Granzotto, L. Conti, F. Musotto), Loggiato di San Bartolomeo – Palermo, 2007.

Leonardo Conti, “Ben Ormenese. La macchina estetica” con le poesie di Elisabetta Gennasi, (testi di L. Conti, F. Picenni), Edizioni PoliArt Sorvoli Quaderni d’Arte, 2008, ISBN 978-88-6057-081-9
Giovanni Granzotto, Leonardo Conti, – “Ben Ormenese. Per un instabile equilibrio” (testi di G. Granzotto, L. Conti, R. Cappuzzo, L. Gava, A. Pasini), Palazzo Ragazzoni-Flangini-Biglia – Sacile (PN), Verso L’arte Edizioni, 2009, ISBN 978-88-95894-34-8
Elsa Dezuanni, Giovanni Granzotto, Ennio Pouchard, – Arte Scienza Progetto Colore Sara Campesan Ben Ormenese – Treviso Grafiche Marini Villorba , 2010